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15 Gennaio 2018

Elisa, educatore professionale per ‘drop out’: “Una guida per dare nuove possibilità”

Categoria: #foriumdalcomune

Il 2108 #foriumdalcomune inizia raccontando l’esperienza non di un allievo, ma di una di quelle indispensabili persone senza le quali sarebbe impossibile organizzare o gestire un corso.

Uno dei ‘motori’ è sicuramente Elisa Graceffa, 32 anni di Empoli (Firenze), educatrice professionale in procinto di terminare un master in pedagogia clinica. Da maggio 2016 segue per conto della Forium di Sante Croce sull’Arno (Pisa) il corso per operatore della ristorazione dedicato ai ‘drop out‘, ovvero a quei ragazzi che hanno lasciato anzitempo il proprio percorso scolastico.

Elisa, quali sono le difficoltà nel lavorare in questo specifico ambito?

“È un lavoro particolarmente difficile e che richiede una certa flessibilità mentale. Siamo di fronte a ragazzi con all’inizio una scarsissima motivazione, provenienti da fallimenti scolastici importanti, i quali spesso seguono questi corsi con un atteggiamento problematico e remissivo.

Hanno bisogno di una guida, soprattutto di sperimentare. Generalmente vengono fuori da ambienti che non li hanno capiti fino in fondo”.

Come funziona un corso ‘drop out’ come questo?

“I primi sette mesi sono sempre stati in aula per il recupero competenze scolastiche, in modo da arrivare almeno ad acquisire le nozioni del biennio delle superiori. Il difficile è creare un gruppo, siamo in un ambiente ristretto con i ragazzi che si ritrovano, come a scuola, di nuovo in aula, sebbene modalità diverse. A gennaio 2017 c’è stato un corso pre professionalizzante in laboratorio di cucina per tre volte alla settimana, poi uno stage conoscitivo a giugno e dicembre. A primavera 2018, infine, altre 500 ore stage prima della conclusione del corso a maggio. Siamo partiti con 15 ragazzi, attualmente sono rimasti in dieci, sei maschi e quattro femmine”.

Di cosa ti occupi esattamente?

“Gestisco tutto ciò che non attiene alla didattica, in particolare la parte emotiva e relazionale dei ragazzi. Li aiuto a gestire il difficile rapporto che hanno con gli altri. Durante gli stage tengo i contatti con i tutor aziendali e con i ragazzi periodicamente, per capire come va”.

Hai notato progressi nel primo anno e mezzo di corso?

“Sì, progressi ci sono stati, la maggior parte di loro era molto poco motivata, adesso piano piano iniziano ad andare da soli. Sono cresciuti emotivamente e iniziare a lavorare ha fatto sicuramente bene, vedono che pian piano fanno le cose e ciò li rafforza. Inoltre sanno che in quelle ore di corso ci sono persone che li seguono”.

E in cucina come li vedi?

“Stanno acquisendo maggiore dimestichezza. Va detto che la cucina è un ambiente particolare, apparentemente bella ma il lavoro è molto difficile, anche come orari, e i corsisti sono messi a dura prova. Sono immersi in un ambiente spesso teso, in cui devi trottare: non è il laboratorio…”.

Era la prima volta con i ‘drop out’?

“Sì, e sinceramente mi aspettavo un’esperienza difficoltosa. È stato faticoso: cresci lavorando su te stesso, ti salva il mantenere le regole. Questa esperienza mi ha fatto vedere punti di vista diversi rispetto a prima. Ho imparato a non abbassare mai la guardia, provando soddisfazione quando vedi che le cose funzionano. I ragazzi hanno bisogno di impararsi a gestire e questo un educatore lo deve tenere bene a mente”.

Ritieni valida in generale questo tipo di formazione?

“I corsi a mio avviso sono validi. Questi ragazzi si ritrovano a 16 anni a mette i piedi nel mondo per la prima volta, ed è fondamentale ritrovarsi con qualcuno che ti possa insegnare un mestiere da zero”.