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15 Gennaio 2020

Clara Bertini: “Obiettivo numero uno motivare e sostenere la speranza”

Categoria: #foriumdalcomune

 

La prima intervista #foriumdalcomune del 2020 entra all’interno delle aspettative e delle speranze che tanti corsisti, soprattutto meno giovani, rimettono sulla formazione professionale per cambiare vita e cercare un lavoro. Oggi andiamo a tu per tu con la psicologa Clara Bertini, 28 anni di San Miniato (Pisa), che svolge attività di tutoraggio nei corsi per adulti ma, a breve, sarà coinvolta in una nuova avventura dell’agenzia Forium di Santa Croce sull’Arno, denominata “Vagabondi efficaci” e promossa da Oxfam Italia.

Puoi spiegare per chi non è del settore in cosa consiste il tuo ruolo?

Lavoro per Forium da novembre 2018 come tutor dei corsi per adulti. Significa assisterli mentre si mettono in gioco in un’età oltre quella scolastica. Posso trovarmi di fronte per esempio a una persona appena uscita dagli studi o a un 50enne; ugualmente vanno aiutati nell’acquisire nuovamente fiducia, le proprie capacità didattiche e di apprendimento, con l’obiettivo di imparare un mestiere e reintrodursi nel mondo del lavoro, spesso abbandonato per cause di forza maggiore. Può anche darsi che siano persone già inserite nel mondo lavoro, ma in cerca di spinte in un settore nuovo.

Qual è il contributo maggiore che può dare una figura come la tua?

Questa è una fase molto delicata: essendoci molta speranza serve un particolare sostegno nei percorsi. Rispetto ai ragazzi più giovani questi corsisti hanno più bisogno e un’aspettativa maggiore, nutrono molti dubbi e temono di non riuscire nel loro intento. Io cerco di sostenerli in questo processo di crescita. Una delle frasi più comuni che mi sento dire è: “Mi raccomando, vedete di trovarci uno stage adeguato…”.

Molte di queste persone sono anche straniere. Qui come si interviene?

Il primo corso che ho seguito per Forium è il progetto “Informa” per operatori meccanici con casa base alla Futura Lavorazioni Meccaniche di Ivo Mancini. Questo è stato un bellissimo inizio, i partecipanti presentavano sia la difficoltà del trovare lavoro che di inserirsi nel contesto sociale italiano. Per quanto selezionati in partenza, la cosa più difficile è stata farli integrare in un sistema di una zona dove ci sono molti cittadini stranieri e in cui è stato necessario mediare su varie questioni. Comunque la riuscita del corso è stata eccellente, i ragazzi si sono dimostrati parte di un gruppo unito. Avendo seguito in parallelo anche un corso composto da persone italiane, ho notato che l’elemento di coesione è stata l’estrema necessità di imparare un mestiere finalizzata ad avere un lavoro. Da questo contesto ne sono uscite fuori delle amicizie sincere: con loro mi sento tuttora, mi contattano anche per chiedere come sto perché sono stata un loro punto di riferimento per nove mesi. Sì, è stato molto bello lavorare con loro che venivano da mondi diversi: è stata un’integrazione a tutti gli effetti.

Il corso ebbe particolare risalto mediatico a cui fecero seguito casi di hate speech. Da psicologa, che chiave di lettura dai a quanto accaduto la scorsa estate?

Questi corsi sono a disposizione di tutti: non era solo per un colore della pelle. Dovrebbe far riflettere che un corso come questo, nato per formare figure professionali radicate sul territorio come operatori di macchine per conceria, non abbia avuto un riscontro come dovrebbe nei ragazzini del posto. Da qui bisogna far partire una riflessione. Ci sono poi questi nuovi cittadini che spesso arrivano in Italia con titoli di studio non spendibili per questioni burocratiche. Logica conseguenza è la ricerca, da parte di loro, di un lavoro in cui serve una parte di avviamento per essere imparato. Siamo stati di fronte a uno scollamento tra la richiesta del territorio e la disponibilità della popolazione, ma anche tra le capacità che le persone hanno e quanto poi si ritrovano a fare. Ciò porta a essere tutti scontenti: se ci fosse utopisticamente più selezione e orientamento per ogni settore lavorativo, ciascuno di noi farebbe il mestiere per cui è più portato.

“Vagabondi efficaci” è la nuova sfida del 2020 di Forium e ti coinvolgerà direttamente. Di cosa si tratta?

Il mio ruolo è quello di fare da psicologa in questo progetto in partenza. Parteciperanno molte scuole sparse per la Toscana: mi occuperò di realizzare dei laboratori in classi di istituti di scuola secondaria inferiore e superiore, con ragazzi di età tra gli 11 e i 17 anni. L’intenzione è di promuovere un buon metodo di studio e una crescita culturale dei ragazzi in contesti difficili, con il risultato di avere meno dispersione scolastica possibile.

Sei la prima intervistata del 2020. Quali sono le aspettative per questo anno?

In questo 2020 vorrei crescere e imparare da qualsiasi sfaccettatura lavorativa. La cosa bella che Forium mi ha dato è il fatto di non chiudere il mio percorso di studi all’attività clinica, che per altro faccio, permettendo di impegnarmi in ambiti che hanno a che fare con la sfera educativa e psicologica. Spero di poter prendere tutto quello che verrà dall’ambito scolastico e del tutoraggio. così da terminare l’anno con un bagaglio culturale maggiore.