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30 Luglio 2022

Serena Gianfaldoni: “Grande motivazione dei docenti che hanno preso parte a Promo Skills for DDI”

Categoria: #foriumdalcomune

Il progetto Promo Skills for DDI – che ha coinvolto 70 docenti e si concluderà in autunno – è nato per molteplici motivi: sviluppare e adeguare le competenze digitali dei docenti delle secondarie di secondo grado per la realizzazione di percorsi didattici a distanza (ma anche in presenza) volti a favorire l’inclusione scolastica e a contrastare la dispersione scolastica; accrescere le competenze e le capacità dei docenti relative a strumenti e metodologie specificamente dedicati a studenti con difficoltà di apprendimento e/o con disabilità; favorire l’acquisizione di competenze tecnico professionali indispensabili per consentire ai docenti di essere autonomi nell’utilizzo di strumentazioni e/o attrezzature e nel trasferimento di tali conoscenze e capacità ai loro studenti; promuovere la conoscenza della normativa in materia di privacy, sicurezza e tutela della salute (anche in relazione alla situazione pandemica).

Per conoscere meglio questo progetto – che ha visto il coinvolgimento di Forium, dell’Istituto Cattaneo di San Miniato (ente capofila) e dell’IPSIA Pacinotti di Pontedera – abbiamo intervistato Serena Gianfaldoni, 52 anni, pisana, docente di Gestione delle Risorse Umane presso l’Università di Pisa, corso in Ingegneria Gestionale. Da molti anni collabora con il CAFRE (Centro Interdipartimentale per la Formazione e la Ricerca Educativa dell’Università di Pisa per il quale coordina il Laboratorio Link Università-Aziende) ed è membro del Direttivo della Società Italiana di Sociologia e dell’OSIM (Osservatorio Studi Internazionali sul Mediterraneo). I suoi campi di ricerca spaziano dalla leadership alla comunicazione, dal cross cultural management all’interculturalità, dal teamwork alla motivazione, dall’empowerment alla prevenzione della violenza.

Com’è nato il suo rapporto con Forium?

Forium e CAFRE Università di Pisa da anni cooperano insieme per progetti ambiziosi di formazione e per promuovere una cittadinanza attiva e inclusiva attraverso strumenti educativi. La nostra collaborazione è nata proprio nell’ambito di un progetto destinato ai docenti delle scuole superiori.

Quali difficoltà legate alla DAD sono emerse durante il corso?

Un aspetto chiaro, riscontrato nei vari incontri tenuti, è la richiesta di supporto e idee innovative per offrire un servizio adeguato alle nuove esigenze didattiche emerse. Durante la fase pandemica molti professori (e non solo gli alunni) hanno subito un forte e prolungato “stress didattico”. Questo fenomeno è stato registrato a vari livelli, a partire dalle scuole primarie fino alle aule universitarie. Non tutti hanno saputo (o voluto) adattarsi alle aule virtuali, alle nuove tecnologie, alle forme comunicative. In generale, ho recepito dai docenti che hanno partecipato ai corsi un generalizzato disagio iniziale di adattamento che è stato superato grazie a una serie di fattori: forte senso di responsabilità, condivisione delle difficoltà, passione per il proprio lavoro, senso civico e capacità di attingere a situazioni passate. 

Anche nella fase post-pandemica, di allentamento delle restrizioni, i docenti hanno subito un secondo stress e sono stati chiamati a gestire il riadattamento nelle classi, in un contesto di “nuova normalità” che ha disturbato e fiaccato chi non era disponibile e pronto al cambiamento. Non se ne parla molto, ma molti docenti hanno sperimentato problemi in questa ultima fase, solo apparentemente più facile, C’è chi ha trovato in aula studenti distanti, distratti, demotivati. Chi invece ha sperimentato rapporti cambiati con i colleghi, con la dirigenza, con le famiglie. Oppure chi si è sentito una specie di “vigile” chiamato non tanto a insegnare quanto a far rispettare nuove regole di convivenza. Da un contesto educativo complesso sono emersi, soprattutto in contesti già precedentemente difficili, vissuti di stanchezza psico-fisica o sentimenti ricorrenti quali scoraggiamento, demotivazione o frustrazione.

Come sono cambiate le dinamiche con gli studenti?

Innanzitutto, da un giorno all’altro potremmo dire, il rapporto con gli studenti è diventato “bidimensionale”. La distanza, infatti, da una parte ha protetto ragazzi e docenti, ma dall’altra ha allontanato gli studenti; allontanato dal gruppo classe, allentato il rapporto con i docenti, trasformato la relazione fra ragazzi. I legami sono diventati più “liquidi”. Anche guardarsi negli occhi, recepire i messaggi non verbali del corpo è mancato. È diventato così più impegnativo coinvolgere gli studenti, attrarli, motivarli a studiare. Molto difficile poi (se non impossibile in alcuni contesti) limitare le distrazioni dei ragazzi.

Alcuni docenti hanno raccontato di aver assistito a fenomeni di dispersione scolastica, situazioni di depressione adolescenziale acuita dall’emergenza, fenomeni di isolamento sociale o meccanismi di deresponsabilizzazione per limitare l’impegno. Il riferimento è a stratagemmi e furbizie per attribuire a fattori esterni un minore impegno… tipico “la linea che non funzionava”. Questi meccanismi si sono verificati maggiormente in contesti già critici prima della pandemia. In alcuni casi, per fortuna meno ricorrenti, i docenti si sono sentiti addirittura marginalizzati, messi da parte, gestiti dai ragazzi stessi che nella confusione hanno sminuito la funzione dei docenti stessi.

Si tenga presente che a livello di rapporti intersoggettivi è stato chiesto a tutti (studenti e docenti) un surplus di adeguamento: la presenza e la persistenza di filtri ha influito molto sulla socialità e sulle performances: la mascherina, la distanza di sicurezza, il timore non toccare oggetti comuni, la continua richiesta di disinfettarsi in seguito a possibili contatti fisici ha messo al centro il rischio della relazione con l’altro. L’altro è diventato così un potenziale pericolo, non più un potenziale supporto ed è stato fisicamente allontanato, con distanze fisiche che poi (in parte) sono diventate anche distanze relazionali.

Come la DAD può passare da limite a risorsa?

Ammettiamolo, la didattica a distanza ha costituito un problema per molti docenti ed alunni, soprattutto agli inizi della fase pandemica, ma in qualche modo e misura è stata un motore di grande cambiamento. Fare lezione on line ha costretto i docenti, volenti o nolenti, ad aggiornarsi, a innovare la didattica, a studiare forme più moderne per fare lezione. La DAD, potremmo dire, ha rappresentato un grosso passo avanti nel processo di digitalizzazione. Ora tutti i docenti sanno condividere materiale didattico con gli studenti, partecipare a riunioni collegiali on line, organizzare ricevimenti sulle piattaforme digitali, eccetera. Alcuni docenti, in particolare, hanno saputo adattarsi bene alle nuove esigenze, aiutando i ragazzi e facendosi aiutare dai ragazzi stessi, con complicità e collaborazione.

Chi ha fatto meno fatica sono stati i docenti più flessibili, meno restii al cambiamento, curiosi di sperimentare nuove strategie di coinvolgimento. Questi docenti “virtuosi”, molti in realtà, non si sono scoraggiati di fronte alle difficoltà tecnologiche, organizzative, relazionali e hanno saputo individuare strategie compensative: utilizzare per esempio la leva dell’empatia; condividere con i colleghi le strategie di adattamento; attivare nuovi e alternativi spazi di confronto; individuare modalità per alleggerire il peso della distanza e riavvicinare i ragazzi al rapporto col docente. E consideriamo pure che, dietro lo schermo, i ragazzi hanno potuto (intra)vedere un aspetto privato dei docenti, le esigenze dei docenti, i contesti familiari dei docenti, i rumori di sottofondo che hanno avvicinato la figura del docente stesso.

Come si potenziano le conoscenze e competenze per la progettazione di percorsi didattici a distanza?

A seguito di questo progetto possiamo sintetizzare affermando che i docenti hanno variamente espresso una richiesta di sostegno, rivendicando però di avere le competenze adeguate per gestire le classi anche in situazioni di criticità prolungata. I docenti coinvolti nel progetto formativo, infatti, hanno mostrato una grande motivazione e la voglia di mettersi in gioco, di imparare approcci nuovi, tecniche nuove, forme alternative di coinvolgimento. Ciò che sembra mancare è proprio la parte di innovazione, le proposte diverse, capaci di riattivare la partecipazione dei ragazzi che si stancano presto.